La transumanza

La pratica della Transumanza nel dicembre 2019 è stata dichiarata dall’UNESCO PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE DELL’UMANITA’ .

Attraverso questo prestigioso riconoscimento l’UNESCO intende tutelare e valorizzare la cultura e l’attività del pastoralismo che permette sia di mantenere la presenza dell’uomo nelle aree marginali e/o di riportare l’uomo in territori abbandonati ed a rischio degrado.

Ancora oggi, con la Transumanza, le greggi pascolano in luoghi diversi, tra “distanti pasture”, come scrisse Varrone nel suo De re rustica, non spostandosi però in modo tradizionale, percorrendo gli antichi tratturi, ma gli animali vengono trasportati con automezzi idonei verso i nuovi pascoli stagionali.

Com’è a molti noto, la transumanza e la civiltà dei tratturi costituiscono capitoli fondamentali di una storia passata, e per sempre conclusa, che ha visto coinvolta l’intera vita economica, sociale, politica e culturale del Mezzogiorno compreso tra l’Appennino e la costa adriatica per un versante e l’agro-romano e la maremma per il versante Tirreno.

Protagonisti di questa vicenda millenaria sono stati gli ovini e i pastori: i primi hanno rappresentato il capitale prezioso da accudire per garantire e accrescere la ricchezza dei proprietari armentari; i secondi hanno rappresentato l’imprescindibile fattore umano che ha fatto sì che le pecore diventassero il cespite più importante per i luoghi e le comunità disposte lungo le vie della lana.

Un fattore umano perennemente diviso tra montagna e pianure, famiglia e lavoro, società degli uomini e solitudine dei pascoli. Il tutto in un ciclo ininterrotto di partenze e di ritorni di cui D’Annunzio ha cantato l’epica esistenza:

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti […]
(I pastori, poesia contenuta nella raccolta Alcyone, 1903)